“La regina degli scacchi” fa scacco matto. Numeri da record.

Beth è una svantaggiata alla riscossa alle prese con dipendenza, perdita e abbandono. Il successo che ottiene nonostante le avversità testimonia l’importanza della tenacia, della famiglia e dell’introspezione, restando sempre fedeli a se stessi.
Redazione.
La regina degli scacchi, interpretata dalla straordinaria Anya Taylor-Joy, è diventata un fenomeno globale. Dall’uscita su Netflix nel mese di ottobre:
- il romanzo La regina degli scacchi è entrato nella lista dei bestseller del quotidiano The New York Times 37 anni dopo la sua uscita,
- le ricerche di Google sugli scacchi sono raddoppiate, mentre quelle su “come giocare a scacchi” hanno raggiunto il picco più alto degli ultimi nove anni,
- le richieste di “scacchiere” su eBay hanno raggiunto il 250% e Goliath Games riporta che le vendite del gioco da tavolo sono aumentate di oltre il 170%,
- e su Chess.com il numero di giocatori è quintuplicato.
Il clamore sorto intorno alla serie ha portato a un considerevole aumento dell’interesse per il campionato del mondo del prossimo anno, secondo quanto riportato dalla Federazione Internazionale degli Scacchi.
Su Netflix, La regina degli scacchi è stata vista da 62 milioni di persone nei primi 28 giorni. La risposta globale è stata straordinaria: dalla Russia e Hong Kong fino a Francia, Taiwan e Australia. La serie è entrata nella Top 10 in 92 paesi ed è arrivata prima in 63 nazioni, tra cui Regno Unito, Argentina, Israele e Sudafrica.
Questa è la dimostrazione tangibile dell’abilità di Scott Frank, sceneggiatore e regista capace di far vivere sullo schermo il dramma di molte partite di scacchi raccontate nei minimi dettagli, ottenendo recensioni entusiastiche e un raro 100% su Rotten Tomatoes. Scott è stato notevolmente aiutato dal talentuoso team di creativi. Dall’uso squisito dei motivi a scacchiera con cui la costumista Gabriele Binder ha riempito l’armadio di Beth, alla suspense sottolineata dal compositore Carlos Rafael Rivera, fino all’intenso montaggio di Michelle Tesoro e alle scelte vibranti dello scenografo Uli Hanisch, che sembrano saltare fuori dallo schermo a ogni scena, per finire con il lavoro del direttore della fotografia Steven Meizler, che ha trasformato ogni partita in un dramma mozzafiato.
Scacco matto!